Il rilancio dell’immagine della Cina nell’era post zero Covid: ripristinare il fascino di Shanghai.

Carlo Diego D’Andrea – Vicepresidente della Camera di Commercio Europea in Cina e Presidente della Camera di Commercio Europea a Shanghai.

 

Da quando la Cina ha posto fine alla sua strategia “zero Covid” all’inizio di quest’anno, le autorità cinesi si sono impegnate nel rilanciare l’immagine del Paese nel tentativo di ripristinarne il fascino come meta destinata agli investimenti.

Le numerose visite diplomatiche da parte dei rappresentanti UE negli ultimi mesi hanno intensificato i rinnovati impegni per ricostruire e coinvolgere nuovamente i legami economici con la Cina. Tuttavia, non basterà questo alla Cina per ripristinare la fiducia imprenditoriale degli ultimi tre anni e riparare i danni causati dalle chiusure legate al COVID.

 

Il 2022 è stato un anno particolarmente impegnativo: con l'inasprimento della politica zero-COVID e l'invasione russa dell'Ucraina, le difficoltà  nel fare business in Cina si sono intensificate. Secondo i risultati dell'indagine annuale “Business Confidence Survey 2023” della Camera di Commercio dell'Unione Europea in Cina, il 64% dei membri della Camera di Commercio europea ha riscontrato che fare business in Cina è diventato più difficile rispetto all'anno precedente, registrando il totale più alto di sempre. Di fronte a un contesto imprenditoriale sempre più volatile, le aziende europee hanno già iniziato a spostare gli investimenti all'estero e ad introdurre strategie di decoupling in Cina dal resto del mondo per aumentare la solidità della supply chain.

 

Molti stanno ora riflettendo attentamente prima di concentrare tutte le loro risorse in un unico luogo, il che ha portato alla perdita della Cina come principale destinazione degli investimenti esteri per oltre la metà dei membri intervistati. Nonostante la retorica preoccupante sulla dipendenza europea dalla Cina, sembra che la tendenza degli investimenti dell'UE in Cina continuerà a rimanere al di sotto del suo potenziale. A titolo esemplificativo, il totale degli investimenti diretti esteri dell'UE in Cina effettuati negli ultimi due decenni equivale all'importo che le imprese dell'UE investono negli Stati Uniti ogni 12 mesi. Alla luce del rallentamento economico globale e delle deboli previsioni economiche della Cina per il 2023, sembra che questa tendenza continuerà almeno nel medio termine.

 

Uno su dieci dei membri intervistati ha dichiarato che ha già spostato o sta pianificando di spostare la propria sede centrale in Asia al di fuori della Cina, perciò le prospettive non sembrano così positive come inizialmente sperato dopo l’improvvisa riapertura della Cina all’inizio di quest’anno. Per Shanghai, considerata la "porta d'accesso della Cina all'Occidente" e sede del maggior numero di sedi di multinazionali, l'indebolimento dell'attrattiva della città come hub per le sedi regionali è sempre più evidente. Quest'anno, solo il 33% delle aziende della Camera di Commercio Europea intervistate ha riferito di avere un quartier generale per la regione APAC, rispetto al 40% nel 2022. Nel frattempo, tra le aziende che attualmente non hanno una sede regionale a Shanghai, meno di una su dieci considera la città come possibile meta. Singapore ne è diventata il principale beneficiario, attirando non solo multinazionali europee, ma anche un numero crescente di aziende cinesi che stanno effettuando un cambiamento strategico fuori da Shanghai.

 

È evidente che le profonde cicatrici create dalla politica "zero COVID", come il rigido lockdown di due mesi a Shanghai, rappresentano un fattore importante in questi cambiamenti. Mentre Shanghai è stata a lungo considerata la città più favorevole agli affari nella Cina continentale, molte delle politiche di gestione del COVID-19 attuate dalla Cina negli ultimi tre anni hanno lasciato le imprese interrogarsi se altre politiche dirompenti, come gli obiettivi per le energie rinnovabili o le richieste di localizzazione della supply chain, verranno nuovamente applicate senza preavviso. Ciò mina ulteriormente gli sforzi dell'ultimo decennio da parte di Shanghai per promuovere lo sviluppo di una Headquarters Economy e divenire dunque il sito principale per l’aggregamento delle sedi centrali delle aziende. Le crescenti tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Cina, in particolare nel campo della tecnologia, hanno contribuito anche all'incertezza e alla politicizzazione degli affari. Pertanto, perché tutto ciò dovrebbe interessare al resto del mondo?  Dall'esperienza del lockdown di Shanghai nel 2022 emergono due conseguenze economiche globali:in primo luogo, dato che Shanghai ospita il porto container più trafficato al mondo, i rallentamenti nella supply chain alla fine si traducono in uno shock inflazionistico in Europa; in secondo luogo, c'è l'effetto domino economico globale derivante dalla possibile stagnazione economica della Cina, e il fatto che le aziende escludano Shanghai come sede centrale non porta buone notizie.

 

Infine, per ripristinare la sua reputazione di città competitiva a livello internazionale, Shanghai  dovrà assicurare un ambiente imprenditoriale più stabile e fornire l’appoggio necessario alle imprese per affrontare difficoltà incombenti quali l’aumento del costo della vita e le politiche fiscali non competitive. Questo sarà fondamentale per promuovere gli investimenti diretti esteri e per affrontare il crescente deficit commerciale tra l'UE e la Cina. Ora tutti gli occhi sono puntati su Shanghai e su quali saranno i passi successivi della città in un mondo post zero-COVID. La domanda è dunque: agirà per ricostruire la fiducia perduta e aiutare la Cina a diventare nuovamente una destinazione di investimenti di primo piano, o invece resterà immobile dimostrando che il complesso ambiente aziendale degli ultimi tre anni è destinato a perdurare? Per avere una risposta non ci resta che aspettare la prossima mossa di Shanghai.